F.1 - LA SINTESI TECNICA

 

Dopo ogni Gran
Premio di Formula 1,
Enrico Benzing,
commentatore
tecnico sulle pagine
de "Il Giornale",
analizza la gara
con il supporto
di grafici esclusivi

 

 

 

 

 

 

 

 

GRAN PREMIO D'AUSTRALIA 2014

Potenze e consumi in vetrina

Il volto nuovo di questa Formula 1-2014, 1.600 cm³ turbo- sovralimentata e doppiamente sorretta da motogeneratori elettrici, è caratterizzato da una pressione di sovralimentazione del tutto libera e da una inflessibile limitazione di consumo-carburante, come quantitativo alla partenza e come flusso durante la gara. Dal primo punto di vista, la varietà delle scelte ha tenuto banco per tutta la durata dell’esordiente G. P. d’Australia; per il secondo aspetto, costato la squalifica della Rbr di Ricciardo, il rigore è d’obbligo e sacrosanto è il provvedimento, che deve chiudere la porta a qualunque favoritismo o manipolazione. Doveroso, quindi, dare la precedenza a quest’ultimo argomento, cominciando con il richiamo della norma, illustrata in questo grafico.

Come si nota, il punto-chiave è rappresentato dal termine dei 100 kg/h da 10.500 a 15.000 giri (Art. 5.1.4), l’area più importante, per dare sfogo alle massime potenze, mentre la formula della variazione lineare del flusso al disotto di 10.500 giri va a compensare e avvalorare la tendenza al risparmio energetico. In favore della Fia-Gas (asfissiante nei regolamenti) c’è il principio del debimetro o flussometro, noto già ai miei tempi, nella prima era turbo. Contro la Fia-Tv c’è la casualità dello strumento, con i suoi limiti di standard qualitativo, già denunciati dai “team” durante le prove invernali. Non a caso, nei miei ultimi commenti, in sede di presentazione del mondiale, avevo dichiarato: “debimetro un po’ sballato!”. Di sicuro, le squadre non hanno il diritto di introdurre dei loro parametri telemetrici, quando le indicazioni dello strumento non sono attendibili, ma devono accettare lo strumento nella sua interezza, chiedendone eventualmente la sostituzione. E vedremo come evolverà la questione, con il ricorso al tribunale d’appello.
Per passare al secondo tema dominante di Melbourne, quello delle potenze in libertà, bisogna subito osservare che è sufficiente spingersi oltre i 5 bar di pressione di sovralimentazione per raggiungere i 1.000 e più cavalli, come avveniva con la vecchia formula 1.500 cm³, pur con il vincolo della “waste-gate”. Ora, già anticipato che i nuovi V6 sviluppano potenze comprese fra 600 e 640 Cv, nei citati termini di consumo, basta aggiungere il contributo del motogeneratore “MGU-K”, fissato per regolamento a 120 kW o 163 Cv nel tempo di 33,3” (60 kW o 81 Cv per 6,6” con il vecchio Kers), per ottenere le potenze totali, che vengono calcolate, con le note approssimazioni, attraverso i rilievi delle velocità massime, in prova e in gara, con varie configurazioni aerodinamiche di resistenza/deportanza. Ed è doveroso ripetere che i valori, come appaiono nel diagramma qui sotto riportato, rispondono a calcolazioni molto, molto approssimate, in attesa di conoscere meglio tutti i parametri del 2014 all’evolversi della competizione, nei prossimi gran premi, quando comincerò anche a ricevere i vari File di telemetria.

Par il momento, accontentiamoci di un semplice approccio, allo scopo di valutare le pressioni di sovralimentazione in esercizio e giudicare le diverse scelte attuate nei vari compromessi di velocità massima, accelerazione, motricità e recupero di energia, anche in chiave di sfruttamento del prezioso “MGU-H”, che incide, con un massimo di 125.000 giri, sul compressore, in favore delle potenze ai minori regimi del motore, o che può finire in diretta connessione con il grande “MGU-K”. E cosa spiega il diagramma? Che le elevate potenze sfoggiate dalla British-Mercedes (molte attenzioni anche per questi propulsori forniti alle squadre-clienti) sono accessibili anche alla Ferrari, ma non con lo stesso bilancio e soprattutto con discutibili eccessi prudenziali. Potrebbero essere aperte anche agli utilizzatori dei motori Renault, ma finora non si sono avuti riscontri velocistici adeguati e, comunque, l’impostazione tradizionale resta quella in favore degli sforzi trazione e della guidabilità, che negli anni scorsi hanno dato risultati strepitosi, con le macchine dotate delle maggiori soffiature dello scarico e dei grandi contributi di effetto suolo.
Sfortunatamente, per la prova tecnicamente più importante dell’evento australiano, quella delle qualificazioni, ai limiti estremi delle prestazioni, la pioggia ha guastato l’indagine, ma il risultato, nel diagramma seguente, rientra ugualmente nell’analisi, perché è necessario tracciare un quadro completo delle vetture esordienti, alla luce dei migliori tempi sul giro e dei valori percentuali rispetto alla “pole”. Il raggruppamento delle prestazioni, come solitamente avviene, è scandito dalle variazioni d’intensità della pioggia e dal mutare delle regolazioni degli assetti, in funzione anche del tipo di pneumatici in utilizzo.

Il divario dell’1% circa tra la Mercedes d’Inghilterra (più McLaren, come motorizzazione, e Rbr, con l’unica unità motrice svincolata dal regolamento e non compromessa dalle avarie del venerdì) e la Ferrari non corrisponde soltanto alle consuete valutazioni di motore e di telaio, ma anche e soprattutto alle condizioni ambientali più sopra citate.
Dopo di che, per la più corretta valutazione dei risultati, è opportuno rivolgersi alle altre sessioni di prove su pista asciutta, ovvero alla Q1 dell’ora di qualificazione, che è stata molto impegnativa (grafico di sinistra, con barre rosse), e al turno del sabato mattina (a destra, con barre verdi), che ha favorito i migliori tempi di tutto il “week-end”.

Nel primo caso, si può tranquillamente fare astrazione della provvisoria “pole” della Rbr di Ricciardo (irregolarità di configurazione) ed è corretto partire dai valori delle McLaren e Williams, sostenuti dalla migliore motorizzazione Mercedes. Ma è qui che si riafferma il potenziale della Ferrari, assai ravvicinato e perfettamente equilibrato con quello delle altre macchine di vertice, tanto da assicurare che lo 0,40-0,50% dal “top” è stato sempre una costante positiva. Nel secondo caso, invece, l’astrazione può farsi con la Mercedes d’Inghilterra, perché è stato in quell’occasione che si è potuta sperimentare la massima pressione di sovralimentazione: la velocità di punta ha toccato il record australiano dei 320 km/h e il tempo di Rosberg è stato il più basso del “week-end”, il solo timidamente accostabile agli standard dell’anno precedente. Anche in questa, che va considerata la prova più attendibile, si mette in grande rilievo un potenziale della Ferrari notevolmente accostato a quello dell’intera falange-Mercedes, potenziale che è andato perduto nelle scelte da gara troppo prudenziali. La conferma è una sola: i tempi sul giro segnati da Alonso e Raikkonen al 56° dei 57 giri hanno svelato le riserve esistenti, non completamente sfruttate, quando il vincitore Rosberg già dopo 19 giri di pista siglava il suo primato.
Per il capitolo successivo, è l’entrata in campo delle velocità di punta a tenere banco, con l’osservazione che un po’ tutti i “team” hanno cercato nette differenziazioni d’assetto e di configurazione con le loro due vetture schierate. In sintesi, dopo le prove libere del venerdì, con Mercedes a 315,2 km/h, Ferrari a 315,1, McLaren a 310,7 (unico guizzo a 316,9 km/h per Magnussen, con tempo peggiore), Rbr a 310,5 e Str a 314,2 km/h (l’anno scorso: 313 km/h per Mercedes, 312,1 per McLaren, 306 per Ferrari e 301,4 per Rbr), i divari del sabato mattina sono stati di 320,3-319,3 per Mercedes, 312,2-310,3 per Ferrari, 314,4-311,5 per McLaren, 312-309,8 per Rbr e 312,3-307,3 per Str, mentre in qualifica si è avuto 314,8-312 per McLaren, 313,8-310,7 per Mercedes, 311,4-310,9 per Ferrari, 309,4-306,8 per Str e 303,2-302 per Rbr. Come sempre, in gara qualche correzione va fatta per la concomitanza di scie, e alla fine il responso è stato di 292,7 per la Rbr, 299,1 per la Mercedes, 316,9 per la McLaren, 304,5-298,4 per la Ferrari e 306,3-291,3 per Str. In base a questi dati, è stato costruito il diagramma seguente, utilissimo per motori e autotelai.

Tecnicamente, hanno contato gli allunghi di Mercedes e Ferrari, mentre la concentrazione sulle potenze ai regimi medio-bassi ha fornito le migliori proiezioni per i programmi futuri da gara.

Gomme anti-manipolazioni - In un bilancio-pneumatici semplice e lineare, in cui - per ora - non sembrano ripetersi le grandi manipolazioni della passata stagione, l’impostazione “soft/medium” non ha creato sconvolgimenti. Come mostrato dal grafico, la totalità dei concorrenti al vaglio ha compiuto i primi due “stint” con mescola tenera (due soste) e sarebbe stato interessante scoprire il comportamento della gradazione media in partenza sulla Rbr di Vettel, dopo le vicissitudini in prova, con un supposto programma di gara su un unico “pit-stop”. Purtroppo, la nota avaria di motore ha annullato un tentativo che avrebbe avuto grandi ripercussioni all’evolversi delle nuove procedure di qualifica.

Infatti, l’obbiettivo è quello di poter attuare finalmente e continuativamente la strategia più razionale della partenza con la gomma più dura, in relazione al maggior peso-vettura, con la massima quantità di carburante. Nei termini di Malbourne, il solo elemento significativo di valutazione ha riguardato il tratto finale di gara (soltanto la Str di Kvyat l’ha compiuto in “soft”), che è stato il più lungo per la McLaren di Button, davvero esemplare, anche per la consumata bravura di questo pilota, che ne ha tratto visibili benefici.

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GRAN PREMIO DI GERMANIA 2014

Conquiste prive di trasparenza

Il tema scottante dei consumi di carburante non è stato chiarito nemmeno da un G. P. di Germania così veloce, a ritmi frenetici e spettacolare.  «Il debimetro - mi ha scritto il migliore ingegnere del “circus” - continua ad essere un oggetto gestito in maniera misteriosa!» Ve lo immaginate il calcolo con Hamilton a 345,2 km/h in corsa, Perez a 341, Bottas a 340,2, Ricciardo a 334,6 e perfino la Ferrari di Raikkonen a 332,9 orari? Si finirebbe con uno stravolgimento totale dei valori.

Ma, per fortuna, simili primati da “speed-trap” non vengono accolti in questo ambito, per i noti effetti-scia, che il cronometraggio non può individuare, e ci si deve rivolgere soltanto ai risultati in prova, a macchina sicuramente isolata, nel suo lancio migliore. E attenzione a questo implicito appello per i meno esperti: il carissimo Ing. Giampaolo Dallara, fondatore e presidente della Dallara Automobili, che ha avuto l’amabilità di leggere queste note e di scrivermi in merito, raccomanda, nelle sue osservazioni, di non disgiungere mai questo parametro dai tempi sul giro, per le più corrette valutazioni. Infatti, si è soliti dare per scontato che il lettore sia molto esperto e proceda automaticamente in questa direzione; invece, con le porte aperte sempre a nuovi appassionati di tecnica da corsa, specie i più giovani, bisogna accettare anche la ripetitività di certe spiegazioni.

Così, il passaggio ai migliori tempi in prova è immediato e il legame con le velocità offre ottime conferme. Evidentemente, le riduzioni di carico aerodinamico sono ben sopportate soltanto dalla Williams, che appare anche più disinvolta con il turbo; non altrettanto da Str e F.India. Le graduatorie e i distacchi percentuali sono tornati all'antica compattezza, mentre i riferimenti alle prestazioni globali riconducono al tema di base dei consumi e dei loro controlli, per mezzo della portata in massa del carburante.

Parla l’Ing. Gabriele Cadringer

Quindi, è utile rammentare che il debimetro venne proposto anche negli Anni 80, quando il responsabile tecnico della Fia era l’illuminato Ing. Gabriele Cadringher, che oggi vive in Florida, con importanti mansioni a Daytona, e che così mi scrive:
«Lo studiai assieme a Keith Duckworth (Cosworth) ed era puramente meccanico. Lo scartammo in quanto non affidabile, complicato da monitorare e fonte di interminabili discussioni. Se non funzionava, la responsabilità era tutta della Fia e non esistevano garanzie sulla sua precisione e sulle tolleranze di misura. Oggi si parla di un dispositivo certamente più sofisticato, affidabile ed elettronico. I dubbi però restano, come provato dal caso Rbr e da altre “strane” prestazioni. Allora, preferimmo, per limitare la potenza, dare un limite alla capacità del serbatoio e vietare i rifornimenti. Ci furono problemi, come vetture in panne alla fine della corsa e lunghi controlli dopo gara. Però la limitazione spinse sia Bosch che Magneti Marelli a lavorare intensamente sulle ECU, con risultati che furono poi introdotti nei prodotti di serie. Una volta passato il periodo di “teething troubles”, le gare furono interessanti e combattute. Ricordo di serbatoi nascosti o estensibili. Facemmo molti controlli e, se non vado errato, squalificammo una McLaren, per una capacità leggermente maggiore. Con i turbo usammo la “Pop-off valve”. La prima versione era identica a quella usata per la CART. La seconda fu progettata in Francia con Bertin, più affidabile e precisa. Ora, ritengo che il regolamento Tecnico della Power Unit sia stato fatto dalla Fia sotto l’influenza di due costruttori, Mercedes e Renault. Il risultato è che il consesso degli ingegneri ha partorito un mostro e che oggi la Fia non ha più anima».

Raggirato il tema tecnico

Ora, il tema tecnico della F.1-2014 è dato dall’assegnazione di 100 kg di carburante alla partenza di un gran premio, con grandi finalità progressiste, per la riduzione dei consumi e il risparmio energetico. A questo scopo, il primo provvedimento che la Fia dovrebbe prendere sarebbe di controllare i serbatoi-benzina e il loro riempimento sulla linea di partenza. Ma l’operazione è troppo complessa e faticosa. Molto più comodo affidarsi alla portata di carburante, restando seduti davanti a un computer.

Solo che non è più la stessa cosa: oggi ci sono macchine che partono con più o con meno di 100 kg di benzina, a seconda della conformazione di tracciato e dei livelli di potenza, per privilegiare la leggerezza, considerando che, nella media delle piste, una decina di chili si traduce in circa 3 decimi di secondo al giro, come pure muta questo tempo ogni millimetro di abbassamento del baricentro. Il regolamento sanziona soltanto una infrazione del peso minimo, non del peso massimo. Il peso di una macchina prima e dopo la gara può essere corretto con opportune aggiunte o sottrazioni di materiale. Infine, conta il livello velocistico della pista per la durata del gran premio, da un’ora e mezza a poco meno di due ore e vale la percentuale percorsa a più di 10.500 giri e 100 kg/h. Con l’aggravante della negazione della libertà d’impostazione della competizione. Solo perché i signori commissari tecnici non devono affaticarsi.

Velocità come potenza e consumo

In definitiva, si fa continuo ricorso alle velocità massime raggiunte dalle macchine: 1°) per il calcolo delle potenze resistenti e installate; 2°) per il calcolo delle deportanze; 3°) per la valutazione del consumo, proporzionale alla pressione di sovralimentazione. E questo - sia chiaro - è l’unico parametro per tutti disponibile; ad altri dati non c’è accesso: solo in considerazione dei miei 65 anni di Formula 1, con un passato da membro della Commissione Tecnica della Fia, posso ricevere anche qualche File di telemetria. In ogni diagramma delle potenze, vengono tracciate le curve delle resistenze, non già a mano libera, ma secondo una approssimata definizione delle caratteristiche aerodinamiche, dopo appropriate indagini e calcoli minuziosi, con differenze del prodotto SCx o SCz (sezione frontale S per i coefficienti adimensionali di resistenza Cx o di deportanza Cz). Queste curve consentono di capire se le velocità da “speed-trap” sono frutto di “alleggerimenti” aerodinamici ingenti, che si riflettono sulla prestazione globale, in termini di tempi sul giro. Il campanello d’allarme suona non appena la graduatorie delle velocità e dei tempi sul giro si discostano.

©EB-14

Dopo aver messo le variazioni di portata-benzina in relazione agli incrementi velocistici (vedi G. P. d’Inghilterra), si può tracciare una curva similare in funzione della pressione di sovralimentazione. Tuttavia, questo grafico non ha un valore definitivo, perché i punti inseriti sono statisticamente insufficienti e poco attendibili: non conta che la legge vagamente illustrata, per una prima valutazione di massima.
Ancora in termini di velocità, ammessa la perfetta aderenza al Regolamento Tecnico da parte della British-Mercedes, si può assegnare il valore 100 ai suoi risultati e calcolare la variazione degli incrementi percentuali avutisi, cronologicamente, anzitutto per le macchine ugualmente motorizzate. Come si nota, un incremento fino a circa l’1% può essere considerato plausibile, secondo le consuete correzioni della resistenza aerodinamica, con riduzioni di deportanza e ritocchi di sezione frontale; sicuramente, un balzo fino a quasi il 2% (caso Williams in Austria) esce da queste tolleranze. In particolare, a Hockenheim, oltre al calo della F.India, la quasi parità della stessa Williams rispecchia fedelmente le risultanze.

Lo stesso tipo di calcolo può farsi tra la Mercedes d’Inghilterra, sempre a valore 100, e la concorrenza più diretta, rappresentata dalle monoposto con motori Renault e Ferrari. E, con questa rappresentazione, appare evidente l’aumento di potenza della macchina-campione dopo il G. P. d’Austria, assieme alla svolta di Silverstone per il sorpasso Renault su Ferrari. Nella cronologia, rimane anomalo il risultato ottenuto dalla motorizzazione francese in occasione del G. P. di Spagna. Ma costituisce la migliore spiegazione alle premesse iniziali sul legame velocità-tempo sul giro, visto che tale risultato è stato merito di una Str che ha molto esagerato nel cosiddetto alleggerimento aerodinamico, favorevole ai sorpassi, finendo con il tredicesimo tempo di qualifica.

©EB-14

Dopo di che, l’interesse si concentra sul confronto diretto Mercedes-Ferrari, per indicare progressi e regressi di pura velocità: fino al G. P. della Cina, il motore di Maranello ha mostrato un avvicinamento ai traguardi della costruzione anglo-tedesca, con una certa stabilità fino in Canada; ma, con il noto tracollo in Austria e l’analogo distanziamento successivo, l'allontanamento è stato progressivo. La regressione quadratica dei valori pone in risalto proprio l’ultimo peggioramento.

A completamento di questo tipo di valutazioni, l’indice parallelo dei distacchi percentuali dal miglior tempo in qualifica, nella proiezione stagionale, scandisce la lenta ripresa della Rbr, non solo per meriti motoristici, ma anche per efficienza d’autotelaio, in contrasto con il negativo “trend” di Maranello e pur sempre a grandi distanze dalle dominanti Mercedes.

L’occasione è propizia per spiegare un altro punto cruciale, fra le numerose stranezze dell’annata: la continua differenziazione tra le due Rbr in lizza, quella di Ricciardo e quella di Vettel, il quale, come quadruplo campione del mondo, non avrebbe dovuto incontrare tante difficoltà, con prestazioni peggiori di quelle del suo compagno di squadra. Il tutto mentre toccava sempre alla Str segnare le più alte velocità tra le vetture con il motore francese.

Di questi, il secondo aspetto è già stato anticipato con l’anomalia del G. P. di Spagna: riduzione sensibile del carico aerodinamico per favorire i sorpassi. E, fuori da tale esagerazione, la tendenza ha potuto ripetersi continuamente, tanto che mai una Rbr è stata più rapida della “cugina” Str. Il primo aspetto, invece, si concentra su una scelta ben precisa del geniale Adrian Newey: ripetere in qualche misura la tecnica rivoluzionaria degli anni precedenti (soffiature favorevoli), con rapporti di trasmissione accorciati, allo scopo di accentuare la motricità, con sforzi di trazione sempre maggiori. Così, la macchina di Ricciardo è stata quasi sempre più veloce di quella di Vettel, con una strategia premiante nella prima parte del campionato. Finché, il campione del mondo in carica, proprio a partire da Hockenheim, ha completato il lungo processo di ricerca e di adattamento alla diversa configurazione, per sfoderare in gara il suo affondo. E, con ogni probabilità, questo sarà il “leitmotiv” che accompagnerà la rimonta-Rbr nel proseguimento del mondiale. Sempre con grandi difficoltà tecniche, perché i motori 1.600 turbo vantano potenze e coppie ingenti agli alti regimi, con l’aggiunta del motogeneratore MGU-K, ma momenti torcenti limitati ai bassi numeri di giri.

Alte deportanze anche senza FRIC

Naturalmente, su un tracciato da 215 km orari di media, il carico aerodinamico non ha potuto toccare le quote massime consentite dal regolamento - sarà per la gara successiva in Ungheria - in relazione alle potenze resistenti: nondimeno, in senso relativo, i risultati sono stati giudicati tra i più elevati, senza troppo risentire della nota proibizione (tardiva) da parte della Fia-Gas (asfissiante) del sistema FRIC o di interconnessione idraulica tra le sospensioni anteriori e posteriori. In linea di principio, bisogna essere favorevoli alle soluzioni in grado di conservare costantemente l’assetto della massa sospesa della vettura, per intuitive esigenze aerodinamiche, senza beccheggio e con minimo rollio. Tranne se si urtano le norme sull’influenza aerodinamica di parti mobili a vettura in movimento. Ma oggi, con una computerizzazione così evoluta, si possono controllare agevolmente tutti i cinematismi, senza connessioni idrauliche antero-posteriori.


Rimarchevole il fatto che la Rbr risulti così vicina al culmine della British-Mercedes, con 10 km/h di velocità in meno, come vera eccellenza di caratteristiche aerodinamiche, ottimamente utilizzabili anche con rapporti di trasmissione accorciati. Nella pressoché parità velocistica, spiccano i confronti Ferrari-Rbr e Williams-Mercedes, in cui le minori forze aerodinamiche sono dovute prevalentemente al coefficiente Cz nel primo caso e a una sezione frontale leggermente minore nel secondo caso.


©EB-14

Siccome ricorrono spesso gli interrogativi riguardanti l’impiego del DRS, è opportuno sfruttare l’alto livello velocistico di Hockenheim, per aggiungere una indicazione di telemetria, che fornisca una chiara risposta sulla riduzione della resistenza aerodinamica, con la forte variazione dell’incidenza del “flap” dell’ala posteriore, che provoca diminuzioni sia del coefficiente Cx, sia della sezione frontale S. In una parola, si riduce il valore del prodotto SCx, che è disponibile nel programma, per cui, con l’informazione della velocità, tramite tubo di Pitot, diviene istantaneo il calcolo della resistenza Nr, qui espressa in cavalli, secondo la formula riportata, e con il valore della densità dell’aria . Per il calcolo della resistenza totale all’avanzamento della vettura non resta che aggiungere il rendimento della trasmissione, la deportanza e la resistenza al rotolamento-pneumatici, mentre in questo caso si fa luce soltanto sulla pura resistenza aerodinamica.

Potenze frenate dal debimetro

Gli incrementi di potenza, prevalentemente ottenibili per merito della pressione di sovralimentazione, sono pressoché bloccati dal limite (100 kg/h sopra i 10.500 giri) della portata di carburante: si deve supporre per tutti, pur non avendone la certezza. Infatti, nonostante i rigori, il calcolo rivela un piccolo balzo del V6 di Brixworth, grazie alla speciale geometria del suo compressore. E, proporzionalmente, ne hanno risentito anche i motori-clienti, McLaren esclusa, per non svelare segreti in vista di un futuro passaggio alla Honda. Praticamente, nessun incremento dei regimi di rotazione, che continuano a rimanere nettamente al disotto del tetto dei 15.000 regolamentari, secondo l’errata programmazione della Fia-Tv (e poi criticano la rumorosità!), con una realtà ultimamente svelata anche da alcune riprese televisive, che mostrano per pochi attimi il vertiginoso accavallarsi delle cifre. Del resto, sappiamo dalla telemetria (vedi anche il commento al G. P. d’Austria) che tutti i motori ruotano al massimo fino a 11.500 giri, con pochissime puntate a 12.000, cioè la bellezza di 3.000 giri meno del consentito, per rientrare nei consumi istantanei.

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GRAN PREMIO D'UNGHERIA 2014

Ferrari: motricità accentuata

Finalmente, in casa Ferrari, un intervento più deciso del consueto, per compensare le minori potenze con maggiori sforzi di trazione, ideali per la motricità, su un terreno sinuoso come l’Hungaroring. In che modo? Sempre attraverso un drastico accorciamento dei rapporti di trasmissione. A titolo di esempio, ecco un diagramma che ne illustra con immediatezza gli effetti.

Tra due macchine, con motori aventi una curva di potenza pressoché uguale, ma velocità massime differenziate da una decina circa di chilometri orari, è facile riscontrare l’incremento delle forze alla periferia delle ruote motrici Fa, per le minori velocità (curve rosse), in progressione, al passare dalla marcia più alta ai rapporti inferiori, alla luce delle forze resistenti totali Fr. Questo processo è saltato subito all’occhio, fin dalle prime prove ufficiali di Budapest, e si è consolidato in qualifica. Che, poi, nel conseguimento della superba prova di Alonso nel G. P. d’Ungheria, abbiano concorso altri fattori importanti, come le basse temperature dell’asfalto, subito asciugato dopo la pioggia prima del "via", o come le maggiori attitudini con gommatura “soft”, oltre alle inevitabili vicende in simili condizioni, rientra nell’ordine normale della competizione. Alla base, però, rimane questa importante decisione dei tecnici di Maranello di procedere lungo la strada aperta oltre due anni fa dalla genialità di Adrian Newey e sviluppata proficuamente dalla Rbr. I limiti velocistici in prova ci danno proprio la misura del provvedimento.

Sempre con i motori della British-Mercedes a dettar legge e con un risultato che ha posto la Ferrari in fondo alle graduatorie da “speed-trap”, superando in riduzione perfino la stessa Rbr, che ha fatto scuola in questo ambito.

Il primo riscontro, in forma ancora non così completa, lo si è avuto con i migliori tempi sul giro, dove Vettel e Ricciardo sono riusciti a insinuarsi fra le motorizzazioni più avanzate e dove Alonso li ha seguiti a una certa distanza, mentre il Cavallino è stato privata del completamento con Raikkonen, in seguito a un deprecabile errore di valutazione (o partigianeria?) del grande stratega in rosso, non nuovo a simili sviste.

Diciamo pure che lo stesso Alonso non ha potuto dar fondo a tutte le riserve, con qualifiche sempre complesse, ma in ogni caso senza peggioramenti conseguenti. E qui è assolutamente pertinente un altro confronto ricco di significato, quello tra Ricciardo e Vettel.

Non è un confronto di semplice pilotaggio, ma una comparazione tecnica, in linea con il tema principale del gran premio ungherese sulla motricità e sugli sforzi di trazione. Infatti, è da inizio stagione che la Rbr propone configurazioni molto diverse per le macchine dei suoi due piloti, insistendo sui rapporti di trasmissione più corti per il campione del mondo, fino a esagerazioni nocive, e seguendo un po’ il generale “trend” delle velocità di punta con il giovane astro del 2014. Proprio da questo gran premio, Vettel per la prima volta ha superato il suo compagno in prova, pur con un paio di chilometri orari in meno per la velocità di punta, e ha conquistato la prima fila in griglia, poi vanificata dalla strategia e da un incidente.

Resta una “Formula 1” asfittica

Con tutto questo, comunque, non si esce dai limiti di una F.1 rovinata da una grave mancanza di trasparenza sul piano tecnico-regolamentare e resa asfittica da norme incongruenti. È stata concepita per motori da 15.000 giri, ma ancor oggi non se ne vede uno in grado di superare i 12.000 giri, come hanno cominciato a mostrare anche le televisioni, con qualche dato proveniente dalle centraline. E poi si lamentano della calata sonorità! Cosa pretendevano, con 3.000 giri in meno? In aspirato, è un motore da 10.500 giri, che viene potenziato, con altri 1.000 giri o poco più, per mezzo di una sovralimentazione libera, sì, ma a sua volta imbrigliata a circa 3 bar di pressione dai vincoli di consumo.

L’attesa, in Ungheria, con quel suo livello velocistico medio-basso, era per incrementi di potenza ai bassi e medi regimi di rotazione, grazie anche al motogeneratore MGU-H; invece, nulla di tangibile è affiorato.

Dove sono i turbo da 125.000 giri?

Ecco, in questo diagramma, a quanto girano al massimo, in rettilineo, i compressori: a 90.000 giri nel punto più alto della regressione quadratica dei dati di telemetria, con la corrispondente pressione intorno ai 3 bar, quando il Regolamento tecnico assicura che si possono raggiungere i 125.000 giri massimi, per un MGU-H che viene utilizzato prevalentemente per generare corrente, da aggiungere direttamente o indirettamente al motogeneratore MGU-K, con i suoi assorbimenti.

Consumi e flussi misteriosi

Il Regolamento Sportivo (Articolo 29.5) non stabilisce che le macchine debbano avere 100 kg di carburante alla partenza: se ci riescono - e a volte è stato possibile - possono partire anche con un peso inferiore, influente sulle prestazioni; dice, questo regolamento, che non devono consumare - voce del verbo consumare - più di 100 kg dalla partenza all’arrivo. Pena la squalifica. Come dire, nel silenzio totale della Fia-Tv, che a Melbourne la Rbr di Ricciardo è stata squalificata perché ha consumato troppo, cumulativamente, non istantaneamente, senza sapere quanto. Nessun controllo del peso-carburante alla partenza; nessun controllo all’arrivo, se non per il peso minimo della vettura! Ai miei tempi, quando avvenivano squalifiche per infrazioni di cilindrata (sono stato l’ultimo di una Fia non ancora Tv a verificare sul campo, come membro della Commissione Tecnica, alesaggio e corsa del V-6 turbo Renault vittorioso a Digione), si dichiaravano anche i valori riscontrati. Adesso, essendo troppo faticoso e complicato, per i commissari, verificare le quantità di carburante in questione, si preferiscono controllori comodamente seduti in poltrona, davanti a dei computer, per seguire, più o meno attentamente, i dati di un flussuometro già giudicato poco attendibile istantaneamente, figurarsi nell’accumulo. E dire che l’infrazione sarebbe per tutti gli spettatori ben tangibile, con macchine che si fermano in pista prima della bandiera a scacchi (è avvenuto nella precedente F.1-turbo), per esaurimento dei 100 kg di benzina.

Il Regolamento Tecnico (Articolo 5.1.4) dice che è la portata in massa del carburante a non dover superare i 100 kg/h, senza specificare la sanzione, alla mercé della durata del gran premio, che può essere di un’ora e venti minuti o fino a due ore. E aggiunge, con l’Articolo 5.1.5, la formula per il debimetro, riportata in questo diagramma. Tutto senza la minima trasparenza e senza le necessarie garanzie. Proprio mentre il debimetro stesso, nemico della libertà nella competizione, limita la pressione massima del turbo e può indicare, nel corso della gara, di quanto venga superata la portata in massa al variare della pressione stessa.

I tecnici delle squadre calcolano con precisione tutte le variabili, grazie ai sofisticati programmi elettronici, nell'impianto di iniezione, e possono gestire tutto ai limiti dei regolamenti. O della discrezionalità del monitoraggio, che può essere dominato da manipolatori già molto attivi negli ultimi anni.

È solo il grande pubblico degli appassionati di Formula 1 a rimanere nella più profonda oscurità e senza nemmeno la certezza che questi diagrammi siano affidabili o rigorosi, per la ristrettezza dei dati statisticamente necessari e accettabili. Come si possa seguire con tanto interesse, pari a quello delle epoche d’oro, questa attività appare alquanto incerto. Né si riesce a comprendere come i costruttori di monoposto abbiano potuto accettare simili regole, discusse in un gruppo di lavoro aperto soltanto ai tre motoristi, Ferrari, Mercedes e Renault. E poi si viene a sapere che ogni norma è stata approvata con voto di maggioranza, sempre concorde per le due marche contrapposte a quella italiana. Benvenuta, dall’anno prossimo, la Honda, con la speranza che si trascini la BMW, per un grande riequilibrio e per una migliore apertura al progresso.

Indagine su deportanze e potenze

Come sempre, ci si serve delle velocità massime, per il calcolo delle deportanze e delle potenze, nella proiezione - abbastanza singolare - su una pista come quella ungherese, tra le meno rapide, facendo astrazione dei circuiti cittadini, e molto influente sulle prestazioni generali. Infatti, la prima constatazione è di una configurazione aerodinamica tipo G. P. di Monaco, con i massimi valori di sezione frontale consentiti dal regolamento, per ottenere il più alto carico aerodinamico. Ecco, allora, come si colloca l’Hungaroring nel quadro velocistico di questa prima metà della stagione, in una posizione intermedia tendente al basso. 

Ed è appena il caso di richiamare una comparazione con i livelli dell’anno passato, per indicare l’entità degli incrementi delle velocità di punta, contrapposti ai tempi sul giro, sempre inferiori anche del 2-3%, in seguito ad una motorizzazione ibrida, formata da un motore endotermico di limitata cilindrata, spinto verso l’alto dalla sovralimentazione e dal motore elettrico, ma con scarse potenze nelle fasce inferiori.

Quanto a deportanze, in cima ai valori dell’annata, bisogna tener presente che il calcolo, con differenze fino a 10 km/h di velocità massima, comporta sensibili variazioni del prodotto SCz, tra la sezione frontale S e il coefficiente adimensionale di deportanza Cz. Le graduatorie appaiono abbastanza costanti e spicca sempre il coefficiente della Rbr, il più prossimo a quello della Mercedes d’Inghilterra, mentre viene ribadita una sezione frontale costantemente e leggermente inferiore della Williams, con la più potente motorizzazione, per raggiungere i vertici velocistici.

Infine, nella conferma delle potenze installate, con e senza il ricorso ai motogeneratori MGU, alle quote di sovralimentazione già incontrate nel precedente G. P. di Germania, si fa notare, nell’approssimazione da calcolo, la scelta tecnica della Ferrari, con i rapporti di trasmissione accorciati e con tutte le riserve, ben visibili, a disposizione dell’accelerazione. Per i motori Renault, in presenza di piccole differenze di caratteristiche aerodinamiche tra Rbr e Str, le due macchine più brillanti con questa propulsione, la curva della resistenza totale rappresenta una media dei valori, e soltanto nel caso della Mercedes si raggiunge un ottimo equilibrio tra le due potenze contrastanti. E questo è anche l’unico motore a superare nettamente e costantemente i 3 bar di pressione massima del turbo, ciò che appare come un vincolo pressoché insormontabile, per il momento, in seguito alle limitazioni di carburante.

Strategie incentivanti

Così completato il quadro tecnico, non si sono aggiunte che le strategie-pneumatici a influenzare i risultati di questo gran premio, sia per una prima fase con gomme intermedie, sia per una effettiva possibilità di lunghe percorrenze, su un terreno poco abrasivo a basse temperature. Il prossimo diagramma riassume le soluzioni prescelte dai migliori concorrenti, dopo i primi 8-9 giri su pista bagnata, come condizione che solleva dall’obbligo di utilizzo di entrambe le due mescole da asciutto. In pratica, si può affermare che sia stata una gara tutta in “soft”, se si fanno poche eccezioni, per il completamento in “medium”. E la nota decisiva è stata soltanto quella della scelta fra due o tre soste, ovvero fra tre o quattro “stint”, il primo dei quali irrisorio.

Proprio i confronti più incisivi si sono sviluppati alla luce di queste due strategie, con buone riuscite su entrambi i fronti, anche se la battaglia finale ha decretato la preferenza, di stretta misura, per i tre “pit-stop”, denominati PS per brevità. Tra questi, il più avvincente è stato quello per la vittoria, tra la Ferrari di Alonso, lungamente al comando, e la Rbr di Ricciardo, che merita di essere analizzato.

Si potrebbe eseguirne la diagrammazione in base ai tempi sul giro, ma questa soluzione viene scartata, perché di difficile lettura, essendo i tempi decrescenti nel loro miglioramento; si preferisce, invece, ricorrere alla velocità media, crescente giro per giro, per assicurare un immediato senso di gara. Con la scritta “S-Car” è indicato l’ingresso della “Safety-Car”, anche se per il secondo caso è bastato un rallentamento breve. Come si nota, la prevalenza della prestazione di Ferrari-Alonso si è espressa prima con gomme intermedie e poi con “soft” usate, fino al termine del secondo tratto. Ma per Rbr-Ricciardo è stato positivo un secondo “stint” breve, facilitato dalla fermata dell’avversario. Così, un tratto finale troppo lungo per Ferrari-Alonso (degrado pneumatici) ha permesso la successiva risalita a Rbr-Ricciardo, con materiale nuovo. L’ultima “chance” incentivante sarebbe stata quella del tempestivo mutamento di tattica da parte del Cavallino, in funzione della mossa del rivale; ma avrebbe richiesto coraggio e determinazione, sempre troppo facili con il senno di poi.

Molto eloquente il diagramma degli ultimi dieci giri dei due contendenti, in cui bisogna valutare la pendenza del segmento da un giro all’altro. E subito si avverte la maggiore pendenza di Rbr-Ricciardo dal 60° al 62°, con gomme nuove. Fino al 67° giro, l’inclinazione si mantiene costante, per il tallonamento della coppia Alonso-Hamilton. L’angolo ancor maggiore al 68° giro è statro determinato dal sorpasso. Anche se Alonso avesse conservato la stessa pendenza avuta fino al 67° giro, la prestazione sarebbe stata insufficiente. Coloro i quali hanno scritto, sulla stampa cosiddetta specializzata (in fandonie) che la Ferrari aveva le gomme posteriori sulle tele hanno espresso una falsità, primo perché le tele incrociate non esistono più, dopo la rivoluzione radiale, secondo perché la documentazione fotografica della macchina alle verifiche non mostra alcuna tela e terzo perché la pendenza dell’ultimo segmento appare uguale a quella di Rbr-Ricciardo e in lieve rialzo, non già in forma di tracollo disastroso.  

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GRAN PREMIO DEL BELGIO 2014

Efficienza aerodinamica dominante

Dicesi efficienza aerodinamica il rapporto tra la deportanza e la resistenza e questa è stata la nota dominante di un G. P. del Belgio in cui la Rbr ha brillato più che in precedenza, la Ferrari ha compiuto qualche lieve progresso e la Mercedes d’Inghilterra ha perso un po’ di smalto, pur sconfitta per altre ragioni, quali la lotta interna fra i suoi piloti, con tanto di collisione, e la strategia-pneumatici. Un punto cruciale da visualizzare è stato quello del corpo alare posteriore, molto sottile per la monoposto del maestro Newey e ancora di notevole sezione frontale per la macchina anglo-tedesca, nonostante l’innovativo stratagemma dei tre archetti sul bordo d’uscita del grande “flap”, che ha fatto guadagnare qualche micro-punticino. Il tutto con forte insistenza sul congegno aerodinamico anteriore, chiave di volta per l’alta deportanza totale, che ormai fa superare la consueta distribuzione del 40-60% del carico sui due assi-ruota, dove sul posteriore regna l’aggiunta del carico dovuto all’effetto-suolo.

Ad osservare la complessità dell’ultimo corpo alare anteriore della British-Mercedes (sembra il Duomo di Milano) c’è da sbalordire, con la bellezza di ben cinque profili, cosiddetti “a veneziana” (quattro per la concorrenza), più deflettori, rientranti nei limiti dimensionali del regolamento, ma ridondanti, grazie anche alla nota condizione delle parti di prua, che sono investite da una pressione superiore, come avviene per lo stesso bordo d’entrata di ogni profilo alare.
Per tutte le altre componenti che concorrono a dare efficacia all’autotelaio, su un tracciato ad altissima domanda di stabilità, ci si è concentrati sui cinematismi delle sospensioni, con geometrie insuperabili per la Rbr, come si è potuto osservare per gli angoli di “camber” o campanatura, specialmente per le ruote anteriori.

"Speed-trap” fuori luogo

Ma, in ogni caso, le possibilità di calcolo a Francorchamps sono tra le più difficoltose dell’intero mondiale, per una peculiarità negativa davvero importante, che induce a richiamare la mappa del circuito, per facilitare la comprensione al lettore.

Infatti, tra i 19 gran premi della stagione, questo è l’unico a non disporre della velocità da “speed-trap” nel punto più rapido in assoluto, per una scriteriata scelta della Fia-Tv di qualche tempo fa, quando la necessità di monitorare la velocità al termine dell’Eau Rouge (curva 4) ha indotto a spostare il rilievo della massima velocità dalla fine del rettifilo Kemmel (conclusione del Settore 1, 145 m prima della curva 5) all’uscita della curva 4, infischiandosi dei diritti di valutazione e di calcolo comparativo di milioni di appassionati, mentre sarebbe stato più regolare l’inverso, con un piccolo accorciamento del primo “intermediate”. Per due semplicissimi motivi: 1°) su tutte le piste, la zona di “speed-trap” è affrontata con il DRS; 2°) il servizio di cronometraggio fornisce le velocità di punta in S1 soltanto in corsa e in qualifica, non in occasione delle altre prove, che possono svolgersi con diversità di condizioni. Così, invece, si hanno una velocità da “speed-trap” senza DRS (attivazione successiva) e una grave carenza di informazioni tecniche nel punto cruciale. Bel criterio di regolarità e di completezza nella competizione. Anche per la classificazione della gara belga, da sempre, prima e dopo il suo accorciamento di tracciato, annoverata tra le più veloci della Formula 1: assieme a Monza, siamo veramente sul tetto della prestazionalità. E, per conoscerne il livello, si è dovuta attendere la conclusione della corsa, con la prima valida pubblicazione delle velocità in S1, che, nel nostro caso, non sono le preferite, in quanto l’effetto-scia non è mai indicato e può generare distorsioni di calcolo.

In questo originale quadro, si sono aggiunte le anomalie di una preparazione iniziale delle macchine, nelle prove FP1 e FP2 (venerdì), in configurazione troppo resistente, corretta soltanto in FP3 (sabato), mentre il turno di qualifica si è svolto su pista bagnata, pur con tendenza ad asciugarsi rapidamente.

La conseguenza è stata che le velocità di punta con DRS a Les Combes, in sede di qualificazioni, non hanno rappresentato un risultato definitivo, trattandosi sempre di prestazioni su terreno non completamente asciutto, con l’utilizzo di pneumatici intermedi, ma sono servite al completamento delle valutazioni, accanto ai valori senza DRS all’Eau Rouge, interessanti per il calcolo delle potenze resistenti e delle deportanze.

Queste velocità a Les Combes (prima della curva 5), con DRS, sono di poco superiori ai vertici avuti in FP3 su pista asciutta, mentre in Q3, nelle citate condizioni, non sono stati superati i 280 km/h. Si aggiunga che la “Speed-trap” in FP3 ha fatto registrare un progresso medio di 2 km/h sugli stessi limiti del 2013, a conferma delle ottime deportanze di quest’anno, nonostante le perdite di effetto-suolo e di ala posteriore, ma con il vigoroso contributo del motogeneratore MGU-K, con doppia potenza, rispetto al vecchio Kers.

Motori più livellati

Non è stato ben chiarito l’“exploit” della Williams di Bottas, un po’ più resistente e meno deportante, in questa sessione FP3; ma la similitudine di resa tra la Rbr di Ricciardo e la Mercedes di Rosberg ha rispecchiato le graduatorie, nel calcolo degli incrementi percentuali dei tempi sul giro. Proprio come avvenuto per le Ferrari di Raikkonen e di Alonso. Accettando con riserva il caso Williams-Bottas, poi ripetuto in gara, con un assurdo divario rispetto ai ritmi di Massa, ha avuto consistenza la riaffermazione della McLaren, lungo una strada cosparsa di piccoli ma tangibili progressi. Nell’insieme, è stato avvertito un maggiore livellamento motoristico, ciò che ha contribuito al compattamento delle prestazioni, con gli ultimi apporti di efficienza aerodinamica.

Nel confronto stagionale Mercedes-Rbr-Ferrari, è legittimo considerare anomalo il mancato primato della macchina in testa al mondiale; nondimeno, la sottrazione del distacco dalla Williams accorcia notevolmente le distanze dagli altri due contendenti e parla decisamente a favore dei progressi dei loro motori. Purtroppo, fino a che è perdurante la mancanza di trasparenza per i dati di portata-carburante, secondo i vincoli del debimetro, rimangono sempre troppe porte aperte e troppi sospetti in sede di esami tecnici.

La motricità della Ferrari

A questo punto, per indagare sulle doti di motricità delle migliori vetture in campo, si tornano a preferire le velocità massime con DRS in qualifica, prima della curva 5, perché ritenute le più equilibrate. In particolare, preme il confronto Ferrari-Mercedes, per avere un’idea dell’ultimo passo avanti del Cavallino in fatto di potenza. Dopo tutto, asfalto bagnaticcio o meno, la sequenza velocistica Mercedes-Rbr-Ferrari-McLaren-Williams nell’ordine è stata tale da rispecchiare il più fedelmente possibile le quote in assetto da gara, solo leggermente più scaricato. Come si può notare, gli sforzi di trazione con l’ultima versione del V-6 di Maranello, in approssimazione di calcolo, sono molto migliorati ai bassi e medi regimi, in netta similitudine con i valori del motore British-Mercedes. Una inferiorità chiaramente visibile si conserva ai regimi di rotazione più alti, pur se non più in forma così drammatica come a inizio stagione. Si può affermare che esistono tutte le premesse per altri incrementi della resa massima, mentre la curva delle forze resistenti si è sensibilmente avvicinata a quella della macchina anglo-tedesca, con possibilità di colmare il “gap” in tempi sicuramente più brevi di quelli richiesti per il propulsore, troppo vincolato dalle caratteristiche insoddisfacenti del turbo-compressore.

Velocità e deportanze

A suffragio del positivo “trend” della Ferrari, si può continuare la regressione quadratica dei punti concernenti i risultati dei precedenti gran premi, applicando sempre i valori da “Speed-trap” in qualifica, per uniformità di giudizio. Le cifre non sono del tutto realistiche, vista la scalata ai 345 km/h massimi in corsa, ma sono in armonia con quelle cronologicamente riportate. E questo diagramma vale a mostrare la ripresa della rincorsa di Maranello verso i traguardi anglo-tedeschi, con un’altra professione di fede.

Alla stessa stregua, sono da privilegiare le velocità da qualifica anche per il calcolo delle deportanze, che pure in tutti gli altri gran premi avviene immancabilmente in zona DRS. L’approssimazione da calcolo, dopo varie configurazioni, assegna una lieve prevalenza della Rbr sulla Mercedes, nonostante la sua ridotta sezione frontale e la velocità leggermente inferiore. Migliore che in precedenza la risposta della Ferrari, anche qui con minimi scarti velocistici. Molto più secco lo sbalzo per una Williams che, effettivamente, deve di consueto le sue conquiste velocistiche alla decisa riduzione di carico aerodinamico, che si riflette nelle medie sul giro, salvo eccezioni, rimaste senza adeguato supporto tecnico.

In definitiva, ad onta di tutte le difficoltà incontrate in Belgio e delle minori deportanze del 2014, il fatto che la rapidità di tracciato abbia permesso di limitare le perdite, rispetto ai livelli di prestazione del 2013, è certamente positivo. In questo grafico, infatti, si confrontano i migliori tempi sul giro delle due annate (mancanza di raffronto per Austria e Germania) e si nota come i tempi attuali, pur sempre più alti (peggioramento) in questa stagione, abbiano sensibilmente ridotto il divario. Velocità e anche scorrevolezza di tracciato danno la spiegazione, giacché, come dimostrato anche dalla prova canadese, questa F.1-2014 manca prevalentemente di vigorose accelerazioni a partire dalle basse e medie velocità. Ed è superfluo rammentare che la propulsione ibrida apporta la bellezza di 120 kW o 163 CV, ma per la durata di 33,3 secondi.

Strategie in discussione

Appare evidente che la combinazione “Soft/Medium” su due soste sia stata la più razionale e redditizia, in attesa che si giunga al concetto ideale dell’utilizzo e della resa chilometrica con una sola sosta, avversata dal manipolatore che detiene i diritti Tv, allo scopo di creare uno spettacolo deteriore e possibili ribaltoni. L’Oscar del primo “stint” in “Soft” è andato alla Williams di Bottas, con ben 12 giri, mentre hanno sorpreso gli 8 giri di Rosberg-Mercedes e di Raikkonen-Ferrari, pur con le attenuanti in un caso dell'incidente e genericamente del maggior carico iniziale, ma con un pilotaggio molto tecnico e sensibile. Da notare che tutti hanno usato coperture nuove e la sola gomma usata è stata quella di Vettel nell’ultimo tratto. Sull’altro versante, invece, il premio per la più lunga percorrenza (sempre riferita ai “big”) è spettato proprio a Raikkonen, a dimostrazione delle eccellenti scelte di "set-up", con le migliori geometrie di sospensioni e con un eccellente bilanciamento aerodinamico. Del tutto verosimile è stata la versione di un repentino mutamento di strategia per Rosberg e per Vettel, pre-impostati sui due “pit-stop”, ma passati al maggior numero, in seguito agli eventi di gara.

Effetto-collisione & “pit-stop”

©EB-14

Questo grafico conclusivo sintetizza a meraviglia l’avvenimento “clou” del G. P. del Belgio, preferendo sempre la rappresentazione della media generale, che è crescente e offre il senso di gara, anziché l’andamento dei tempi sul giro, che è decrescente e di più difficile lettura. Formidabile appare la fase iniziale del binomio Rorberg-Mercedes, superato in partenza da Hamilton-Mercedes, ma al comando, dopo la nota collisione. Purtroppo, in seguito al malaugurato guaio, la sua prima fermata, dopo appena 8 giri, è stata piuttosto lunga, per la necessità di sostituzione del gruppo “musetto”-ala anteriore danneggiata, che già al 5° giro ha appiattito la prestazione. Come si nota, la sua media generale è scesa di oltre 4 km/h e questo brusco calo ha compromesso inesorabilmente la corsa. Da rilevare che dietro al “leader” si erano installate le due Rbr, ma con Vettel davanti a Ricciardo, per cui anche sotto questo profilo la competizione avrebbe assunto ben altro significato, senza il cedimento del passo a Ricciardo da parte del campione del mondo, in seguito ai conosciuti eventi. Tecnicamente, comunque, conta che la Rbr di Ricciardo sia giunta al suo primo “pit-stop” nuovamente in testa, con il secondo treno di “Soft”, e ci sia rimasta fino alla conclusione in "Medium". Così, tutto l’interesse si è concentrato sulla rincorsa della Mercedes di Rosberg, obbligata alla strategia delle tre fermate. A giudicare dalla pendenza della sua linea, la prestazione è apparsa veramente buona e ancor migliore con il secondo treno di “Medium”, con cui è stata avvicinata la Rbr di Ricciardo, dopo il secondo “pit-stop” dell’australiano. Questa pendenza è stata sensibilmente incrementata nel tratto finale di Rosberg-Mercedes, grazie al ritorno in “Soft”; ma, ormai, il ritardo è rimasto incolmabile, pur con un avvicinamento finale assai eloquente. Date le circostanze, non è questo un confronto tecnico perfetto, tra due “pit-stop” contro tre, ma pur sempre un episodio ricco di significati.

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GRAN PREMIO D'ITALIA 2014

Potenze ammantate di mistero

L’essenza stessa di questo G. P. d’Italia 2014 può sintetizzarsi in queste immagini d’apertura: le due fasi di configurazione aerodinamica della British-Mercedes, sempre predominante, e l’escalation delle velocità di punta della stagione, fino ai 354 km/h di Monza in qualifica, con il vertice di 362 km/h in scia, nella speed-trap in gara, condizione ovviamente mai considerata nei calcoli.

Nella prima fase, è facile notare immediatamente un corpo alare posteriore a bassa resistenza, con corda accorciata, con modesta curvatura mediana e con i tre noti archetti sul bordo d’uscita del flap, per una riduzione della sezione frontale, secondo le linee del flusso (deportanza verso l’esterno), con l’ultimo micro-punticino di abbassamento del coefficiente di resistenza. E a questa sofisticazione alare, completata anche dall’alleggerimento anteriore, con una aletta d’estremità in meno, si aggiungono altri interventi di dettaglio. Per la seconda fase, oltre agli stessi minuscoli dettagli, spicca il flap posteriore, con un simil-nolder sui tre archetti, ottenuto con una speciale curvatura a forte angolosità del bordo d’uscita, che incrementa sensibilmente la deportanza e che si paga con un aggravio non indifferente della resistenza all’avanzamento.

Correzioni in due fasi

La Fase 1ª è quella vista nel corso delle prove libere, che hanno fatto credere in una possibile competitività, per la prima volta così accesa, da parte della Ferrari e della Rbr, contro la monoposto anglo-tedesca. Soprattutto le macchine di Maranello, così marcatamente in scia, hanno fatto aprire grandi prospettive di contesa serrata e molto aperta, con i rilievi più avanti specificati.
La Fase 2ª è quella improvvisamente scattata per le qualificazioni e continuata in gara. Vista, infatti, la pericolosa posizione della Ferrari, così ravvicinata, gli ingegneri della Mercedes sono passati immediatamente agli aumenti di deportanza e di resistenza. Con quali effetti sui consumi di carburante resta un mistero, in questa Formula 1 “debimetrata” e assolutamente priva di trasparenza, considerando l’alto livello già ottenuto nella Fase 1ª. Dove ricorrere, se non alla pressione di sovralimentazione e alla flussometria (impennata dei consumi di carburante, contenuti entro i noti limiti), per gli aumenti di velocità massima e di potenza che verranno indicati, nello sfruttamento dell’accresciuta deportanza? Questa, perciò, può dirsi la qualificazione più ammantata di mistero dell’anno, in una competizione che è rigorosamente dominata dalle posizioni nella griglia di partenza, quale indiscussa condizione di successo.
Il tutto enormemente dilatato dall’effetto-velocità di Monza, che va riguardato con opportuni confronti con tutti gli altri terreni di gara, dal più lento e tortuoso tracciato cittadino del G. P. di Monaco alla media delle piste da oltre 300 km/h di punta e al tetto del mondiale, raggiunto nei G. P. del Belgio e d’Italia.

SIGNIFICATO - Questa rappresentazione vale a classificare il livello velocistico dei gran premi del campionato mondiale, che possono dividersi in tre grandi gruppi: quelli su circuiti cittadini o assimilabili, come il G. P. di Monaco, il più lento; quelli intermedi; e quelli ultra-veloci, dove svetta la pista di Monza.
SPIEGAZIONE - Presupponendo una curva di potenza dei motori odierni, con potenza massima Ne-max di 900 CV, come somma delle potenze del motore V-6 1.600 cm³ endotermico, più la sovralimentazione-turbo e in accoppiamento con il motogeneratore elettrico MGU-K di 120 kW o 163 CV, si esprimono i valori in funzione della velocità del mezzo, con il rapporto di trasmissione più alto, anziché con il regime di rotazione del motore. Così, si può constatare come la Curva 1 favorisca una velocità di punta, in zona DRS, di 292 km/h, mentre con la Curva 2 ci si trova a cavallo dei 320 km/h e con la Curva 3 si raggiunga il “top” della Formula 1, con i 354 km/h di Monza. In corrispondenza di queste potenze installate Ne, si tracciano le curve (tratteggiate) delle potenze resistenti totali Nt (resistenza aerodinamica e resistenza al rotolamento-pneumatici), con la media delle caratteristiche delle macchine più dotate. Tutta l’area compresa tra ogni curva Nt e la Ne di riferimento indica l’entità delle potenze disponibili per accelerare.

L’aggravio sopportato dalla Ferrari

Fatte queste premesse, è il momento di prendere in esame, tempi e velocità alla mano, l’illusoria situazione della Ferrari nelle prove libere e il brusco mutamento in qualifica (e poi in corsa), per le potenze e le deportanze delle macchine spinte da un motore satiricamente denominabile “Merce-debimetrato”, con l’aggiunta della significativa e parallela posizione della motorizzazione Renault, che ha la sua punta avanzata nella Rbr.

 SIGNIFICATO - Questo tipo di diagramma a barre ha lo scopo di riunire e confrontare i due termini più importanti delle prestazioni: la velocità massima, che si raggiunge con l’utilizzo del DRS (fa eccezione il solo G. P. del Belgio), e il tempo sul giro. In entrambi i casi, ci si rivolge alle conquiste in prova, perché, sotto il primo rispetto, la velocità di punta nel corso della gara può essere influenzata dalle scie, che il sistema di cronometraggio non indica, mentre nel secondo caso è sempre decisivo l’assetto d’autovettura rivolto alle più alte prestazioni possibili, con minima quantità di carburante e con il massimo impegno in un singolo lancio. Siccome di norma si rilevano sensibili differenze tra i turni delle prove libere del venerdì (FP1 e FP2) e le prove di FP3 e di qualifica del sabato, è interessante seguirne l’evoluzione in due grafici separati.
SPIEGAZIONE - Considerando che il metodo più efficace, per illustrare questo aspetto della prestazionalità, è sempre quello degli assi cartesiani, il grafico a barre offre una facilissima lettura e una grande immediatezza di visualizzazione. Verticalmente, in ordinate, si pongono i tempi sul giro (meno 60”, per semplicità) e orizzontalmente, in ascisse, si inseriscono le velocità da Speed-trap. Più basse sono le barre, migliori sono i tempi sul giro. Più lunghe sono le stesse barre, più alte sono le velocità massime. Basta un colpo d’occhio, per avere la situazione in pugno, mentre tutti hanno dimestichezza con i tempi sul giro. Nel diagramma di sinistra (FP1 e FP2), s’impone subito il grande equilibrio potenza-carico aerodinamico tra Mercedes e Ferrari, con le barre più basse, ravvicinate e tra le più lunghe. Evidente che la lunghezza delle barre per F.India e Williams, con tanti motori “Merce-debimetrati” in circolazione, non è che il frutto di un semplice alleggerimento aerodinamico, mentre per la Rbr spicca la carenza di potenza, pur con la scelta dei rapporti corti di trasmissione, a vantaggio degli sforzi di trazione.

Dopo di che, si può aggiungere un approfondimento sulle velocità da qualifica, prendendo in considerazione i valori registrati in altri punti caratteristici del terreno di gara. Sempre con tutte le attenzioni per le prestazioni della Ferrari, nei confronti delle vetture più rapide.

G.P. d’Italia 2014 - Velocità max nei 3 settori

SIGNIFICATO - Con la pista notoriamente divisa in tre settori, l’interesse per le velocità massime registrate in qualifica nelle tre delimitazioni (la prima sempre sul traguardo) è molto legato al punto di cronometraggio: se questo coincide con l’uscita da una curva-chiave o da un intero tratto misto, il rilievo permette di compiere molte valutazioni di efficienza d’autotelaio, di deportanza, di velocità di percorrenza nelle sinuosità e di accelerazione. Se coincide, come a Monza, con tratti veloci (1° nettamente dopo il Curvone, 2° dopo Lesmo, 3° dopo la Parabolica), questi termini sono meno incisivi. Restano, comunque, in primo piano i dati di accelerazione.
SPIEGAZIONE - Da un semplice sguardo al grafico, si ha una rapida indicazione dei livelli prestazionali delle macchine a confronto, prima di poter utilizzare questi valori di velocità per i calcoli che interessano. Il sensibile alleggerimento aerodinamico spicca per la Williams nel primo e nel terzo settore e il superiore apporto di motore premia la Mercedes nel secondo settore, mentre la Ferrari, ottimamente difesa nel primo settore, diviene troppo distanziata negli altri due settori, dove le componenti di potenza prevalgono inesorabilmente.

E, per comodità di lettura, si riporta il disegno in pianta della pista monzese, con i suoi punti caratteristici, dal Settore 1 o S1, prima della seconda variante, al Settore 2 o S2, prima dell’Ascari e alle due zone di DRS, la seconda delle quali, nel tratto più rapido in assoluto, termina con la Speed-trap o semplicemente T.

Per correttezza, in ogni caso, è doveroso allargare gli sguardi sul confronto Mercedes-Ferrari lungo l’intero percorso stagionale, allo scopo di sottolineare che qualche progresso è stato fatto, pur se inutile, contro una regolamentazione favorevole soltanto alla Mercedes d’Inghilterra e ai suoi motori “debimetrati”.

SIGNIFICATO - Il grafico serve proprio a illustrare l’andamento, da questo punto di vista, di uno dei confronti tecnici più appassionanti del mondiale 2014, quello tra le British-Mercedes, che hanno dominato la stagione, con la compiacenza più o meno presunta del debimetro, e le Ferrari, che hanno esordito con potenze insufficienti (turbo-compressore sotto accusa) e che si sono prodotte in un interminabile inseguimento.
SPIEGAZIONE - La scelta della progressione cronologica delle prove del mondiale 2014 (l’esclusione dei G. P. di Monaco e d’Ungheria è consigliata dall’eccessiva distanza dei punti) vale a scandire l’impegno di Maranello. La velocità massima (mostrata in ordinate) è il primo indice delle potenze in campo ed è importante indicarne le differenze tra le due macchine a confronto: forte divario iniziale; differenze via via ridotte fino al G. P. della Cina; peggioramento centrale e sensibile accostamento nelle tre prove più influenzate dai fattori potenza e velocità, ovvero Austria, Belgio e Italia. Con tutti questi punti (grigi per Mercedes; rossi per Ferrari) diagrammati, è efficace procedere con una linea di interpolazione dei valori, per comodità di valutazione, e poi con una regressione quadratica dei valori (curve tratteggiate), che riassume l’andamento delle due macchine. L’evidente “trend” della Ferrari è di continuo avvicinamento alla Mercedes d’Inghilterra, in questa eloquente cronologia, fino agli accostamenti di Belgio e Italia.
L’occasione, inoltre, è propizia per ribadire che, in seguito alle note trasformazioni di regolamento, le velocità massime sono sempre e sensibilmente più alte in questo mondiale, rispetto al 2013, grazie alle accresciute potenze della propulsione ibrida, che, tuttavia, essendo inferiore ai medi e bassi regimi di rotazione dei motori endotermici, risulta peggiore per le velocità medie di tutti i gran premi.

SIGNIFICATO - In questo grafico, si pongono sempre le velocità massime in ordinate, mentre in ascisse scompare l’ordine cronologico dei gran premi e queste velocità assolute sono disposte in funzione dei livelli velocistici di ogni pista, come velocità media sul giro in qualificazione.
SPIEGAZIONE - Anche in questa rappresentazione, le velocità di punta seguono sempre la legge del maggiore tenore velocistico delle piste. L’unica nota stonata è nuovamente quella riguardante il G. P. del Belgio, per l’errata posizione (vedi commento di Francorchamps) della Speed-trap dopo l’Eau Rouge e non nel punto più rapido di Les Combes.

A completamento di queste osservazioni, interesserà anche osservare come i migliori tempi sul giro in qualifica siano quest’anno sempre peggiori di quelli del 2013, a dimostrazione ulteriore che le velocità di punta non incidono abbastanza positivamente e sono costantemente le velocità di percorrenza delle curve e le accelerazioni dalle medie e basse velocità a condurre ai primati.

La conferma dei distacchi

Ecco, allora, come accogliere i consueti distacchi dalla pole-position di Monza da parte dei migliori contendenti in qualifica, nell’abbinamento tra velocità da Speed-trap, tempo sul giro e - ciò che non guasta - di pilotaggio.

SIGNIFICATO - Come tutti sperimentano, non soddisfa la semplice valutazione dei tempi sul giro, per ogni pista in esame, in quanto anche una piccola differenza di un decimo di secondo ha un proprio significato su un tracciato breve e un altro significato su un percorso lungo. I confronti sono sempre alla base della competizione e il solo metodo valido per passare dall’una all’altra condizione, a diverso tenore velocistico, è quello del calcolo percentuale. Così, fatto 100 il tempo della “pole position”, valgono le differenze per tutti gli altri “crono” e l’intera stagione può passare sotto esame.
SPIEGAZIONE - Anche qui, il grafico a barre costituisce sempre la migliore rappresentazione e scandisce la sorprendente variazione di resa in funzione delle potenze e dei carichi aerodinamici. Basta fare un passo indietro, con l’analogo diagramma del G. P. del Belgio, altrettanto veloce, ma più denso di curve, per comprendere il ruolo di Monza. In particolare, lo 0,32% di distacco tra Rosberg e Hamilton, a parità di meccanica, di configurazione aerodinamica e di livello di potenza, è apparso eccessivo. E molto progressivi i divari per le Williams e le McLaren, forti dei motori British-Mercedes, con le stesse varianti di velocità e di potenza, rispetto alle Ferrari e Rbr, surclassate su tale piano.

Nell’andamento stagionale, ben si vede, gli sbalzi di Ferrari e Rbr, alla pari nel diagramma, sono tornati alle stelle, alimentando tutti i sospetti, per le note deduzioni tecniche del caso, visto che con le sole caratteristiche aerodinamiche e d’autotelaio è impossibile creare simili differenze.

Primi dati (incerti) sui consumi

In seguito alle dure accuse di mancanza di trasparenza sui consumi di carburante, tema di base della F.1-2014, sono arrivati, finalmente, dopo 12 gran premi, i primi dati, forniti dalla FOM, non ancora dalla Fia-Tv.

 Si tratta della quantità di benzina consumata dai maggiori contendenti in due momenti della contesa, al 29° e al 36° giro, secondo l’indicazione della stessa FOM, ma, con ogni probabilità, riferiti almeno a un giro prima. Infatti, essendo il limite del consumo massimo di carburante fissato dal regolamento a 100 kg per il 100% della distanza, le due grandezze si equivalgono. E i consumi nei punti indicati appaiono molto inferiori ai limiti di riferimento (55 kg al 55% e 68 kg al 68%), ma risulterebbero plausibili in corrispondenza di un giro prima, ovvero al 53% e 66% della distanza.
Nel dettaglio, si rileva che questi consumi, calcolati secondo debimetro, sono assai ravvicinati per Mercedes e Ferrari (lo stesso dicasi per quelli della Rbr, tralasciati per non peggiorare la lettura del diagramma), mentre per McLaren e soprattutto Williams, con la stessa motorizzazione della Mercedes d’Inghilterra, risultano incredibilmente bassi, senza beneficio di accumulo di riserve per un finale in crescendo, nell’applicazione rigorosa del flussometro, ma con vantaggi di peso.
Quindi, a circa un terzo del gran premio, è stato presentato il consumo in litri al giro per gli stessi concorrenti e questa costituisce una scorrettezza di sapore truffaldino o depistante, in quanto il Regolamento Tecnico si esprime sempre in chilogrammi e non si deve assolutamente passare all’indicazione in volume, senza conoscere i valori del peso specifico di ogni singola benzina. Tanto più che lo stesso regolamento lascia libertà per la densità, che, invece, nelle vecchie edizioni era specificata. Ad esempio, il regolamento del 1992 prescriveva un peso specifico compreso fra 0,70 e 0,79 kg/litro. Così, ad applicare l’antica regola, avremmo i seguenti valori in chilogrammi per l’intera gara, con consumi molto bassi per un peso specifico di 0,70 kg/lt e consumi esorbitanti per 0,79 kg/lt, con conseguente squalifica.

Concorrente

Litri × giro

Kg × 53 giri
Pspec = 0,70

Kg × 53 giri
Pspec = 0,79

Bottas/Williams

2,19

81,1

91,7

Perez/F.India

2,38

88,5

99,6

Button/McLaren

2,39

88,7

100,2

Hamilton/Mercedes

2,40

89,0

100,7

Vettel/Rbr

2,45

91,2

102,8

Raikkonen/Ferrari

2,47

91,7

103,3

 

Calcolo di deportanze e potenze

Indubbiamente, si può affermare che anche quest’anno, nonostante i richiami e le attrattive delle elevate potenze, tutti i costruttori abbiano dato prova di preparazione e di maturità tecnica, presentando macchine assai equilibrate e dotate in chiave aerodinamica. Sarebbe stato facile ridurre ulteriormente i corpi alari (anni fa, quand’era possibile, calcolai dei profili davvero speciali, per i congegni di una monoposto di buon livello, in cui i flap e le fessurazioni erano eliminati) e spingersi a quote massime di 360 e 370 km/h nella Speed-trap; ma addio deportanze e seri pericoli in frenata e in ingresso di curve, con velocità di percorrenza ridicole. Inoltre, va notato che, grazie all’abbondare dei simulatori, tutte le squadre si sono presentate a Monza con almeno due configurazioni aerodinamiche. Tre soluzioni, in particolare, per la Ferrari, che fin dalle prime prove ha scelto con successo la configurazione intermedia. Solo con altre riserve di potenze - e con consumi sostenibili - la soluzione più spinta avrebbe avuto successo, a modello Mercedes, che, stranamente, quelle riserve di potenza ha saputo o potuto trovare.

SIGNIFICATO - Si calcola qui la deportanza e la resistenza di due corpi alari medi, per il congegno posteriore, allo scopo di fornire una idea dell’entità delle forze e delle potenze che s’incontrano in funzione della velocità.
SPIEGAZIONE - Su queste basi della funzione quadratica della deportanza, si possono fare le varie correzioni, come quella attuata dalla Mercedes o come quella ottenuta dalla Ferrari e dalla Rbr con i migliori profili, così da poter stabilire la convenienza per ogni diversità di disegno.
Il carico totale, effetto-suolo compreso, va calcolato per tutti i confronti che si richiedono con le caratteristiche in utilizzo sulle altre piste.

SIGNIFICATO - Si calcola la deportanza totale del mezzo alla massima velocità da Speed-trap cronometrata, per la disponibilità di dati e per la classificazione della configurazione predisposta, nei confronti di altri terreni meno rapidi. Dati i profili meno severi e la costante riduzione di flap, è minore che altrove l’influenza del DRS, tanto nell’incremento velocistico, quanto nella riduzione della deportanza e della resistenza.
SPIEGAZIONE - In questo campo di velocità, la variazione non perfettamente quadratica si traduce in curve così tese da apparire come tratti lineari. Sorprendente il risultato della Rbr, che, con i dispositivi alari più sottili dello schieramento, ottiene, nell’approssimazione da calcolo, eccellenti risultati, a riprova del suo superiore effetto-suolo.
Con questi coefficienti di deportanza Cz, si possono tracciare le curve in un campo velocistico tanto più ampio, così da poter approssimativamente calcolare la risposta delle vetture nella percorrenza di curve di vario raggio.

Sul fronte delle potenze, infine, l’approssimazione da calcolo in zona DRS è facilitata proprio dalle configurazioni aerodinamiche meno deportanti della stagione, quindi meno resistenti.

Il ricorso alle più alte potenze da parte della Mercedes d’Inghilterra è scandito dalla pressione di sovralimentazione - e non solo - mentre l’ultimo progresso motoristico della Ferrari resta sempre insufficiente per l’attacco ai vertici, pur negli accostamenti alla migliore curva delle potenze resistenti totali. Apparentemente strana la configurazione della Rbr con il V-6 Renault, ma in realtà molto efficace nelle prestazioni, con maggiori potenze ai bassi e medi regimi e con i maggiori sforzi di trazione, secondo la scuola stessa instaurata dal suo geniale progettista, con eccellenti risultati finali.

Mercedes: dettagli inquietanti

Tecnicamente, tra gli episodi salienti del G. P. d’Italia hanno fatto spicco anche gli inconvenienti della Mercedes: 1°) il ripetersi inquietante del cattivo spunto in partenza, questa volta per la macchina di Hamilton e la volta precedente per quella di Rosberg; 2°) il comportamento in frenata, che, con il doppio caso di Rosberg, è stato frettolosamente classificato come errore di guida, anche dallo stesso pilota, che, arrivando due volte un po’ lungo alla prima variante, si è accollato la colpa, mentre prendevano corpo varie illazioni, tipo ordine di scuderia mascherato. Ma la corsa è stata condizionata da questi eventi e merita di essere esaminata con la consueta diagrammazione, ottenuta con la media generale e non con i tempi sul giro, per assicurare alla lettura anche un ottimo senso di gara, trattandosi di grandezza crescente e non decrescente.
Come indicato nel diagramma, la brutta partenza di Hamilton (sistema e sensori da riesaminare a fondo) ha avuto un peso enorme nei primi giri, pur con una buona progressione. La pendenza della curva di Rosberg, tuttavia, è stata inizialmente maggiore, fino al 6° giro, con stasi al 7°, impennata all’8° e incidente al 9°, con la presunta tensione per l’avvicinamento del compagno-rivale. Il “pit-stop” è avvenuto con la giusta precedenza al concorrente al comando, mentre nel passaggio alla gommatura “hard” la pendenza della linea di Hamilton è stata decisamente maggiore. Di qui, la seconda tensione per Rosberg, recidivo alla prima variante, pur con perdita di tempo e di velocità inferiore al primo episodio, ma ormai con il sorpasso maturato. Senza nulla togliere a fattori emotivi tipici della competizione accesa, l’approfondimento tecnico (gli ingegneri della British-Mercedes possono farlo con la telemetria) chiama comunque in causa la frenatura, con il discutibile sistema Brake-by-Wire introdotto quest’anno dal Regolamento Tecnico, dopo tante - giuste - avversioni precedenti della Fia-Tv. Soprattutto perché il comportamento tra una frenata di routine e una decelerazione d’emergenza (in questo caso, sono mancati, tuttavia, i segni di quel particolare tipo di frenata), per riduzione dello spazio in utilizzo, è molto diverso e non viene sperimentato nel corso delle prove.
A questo riguardo, è doveroso richiamare anche i termini del regolamento e il fatto che l’impianto frenante è predisposto dal fornitore specializzato, mentre il software per la nuova elettronica è di esclusiva proprietà e messa a punto del team. Dopo di che, ognuno potrà giudicare con maggiore cognizione di causa. Ecco i punti principali.
1) il pilota usa il tradizionale pedale del freno, che aziona le due pompe-freno;
2) le pinze anteriori sono comandate direttamente dal pilota, mentre le pinze posteriori sono comandate da un impianto elettro-idraulico (“Brake-by-Wire”);
3) durante la frenata, il pilota, agendo sulle pinze anteriori, agisce anche su un simulatore, detto simulatore di severità dell’impianto posteriore;
4) in questa fase, viene letta la pressione indicata dal simulatore e il freno posteriore viene comandato, tramite una elettro-valvola, dall’impianto Brake-by-Wire;
5) si impone che la pressione nei freni posteriori sia sempre inferiore a quella che il pilota applica sul simulatore, pur non essendo specificato nel Regolamento;
6) è permesso variare il contributo del freno posteriore, in funzione dell’effetto frenante (volgarmente detto freno-motore) indotto dal motogeneratore elettrico in decelerazione.
In sintesi, si può assumere che il retrotreno della vettura sia frenato:
a) dal freno tradizionale, che viene controllato elettronicamente;
b) dall’azione frenante del motogeneratore elettrico, che è ben controllabile;
c) dal freno-motore del propulsore o pompaggio del motore endotermico, a farfalla chiusa nel sistema di alimentazione, e in funzione del rapporto di trasmissione inserito, considerando che questo effetto, a causa del turbo, è minore rispetto a quello ottenibile con il classico motore aspirato.

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GRAN PREMIO DI SINGAPORE 2014

Ferrari, non basta la motricità

Il ritorno alla buona motricità, come e più di Budapest, non è valso alla ripetizione di quell’ottimo secondo posto, pur dopo le promettenti indicazioni dell’intera fase di preparazione a un G. P. di Singapore molto deludente, per qualche linea in meno di deportanza e per mancanza di valide strategie. “Mai tanto vicini”, ha titolato la stessa Ferrari, dopo i soli due decimi di distacco dalle British-Mercedes. E poi così lontani, si potrebbe aggiungere. Pur essendo scontato che è la natura stessa di quel circuito, con una lunga serie di curve molto simili, a favorire tale risultato, come sarà confermato più avanti, nel consueto diagramma dei distacchi percentuali, dove i primi nove concorrenti sono eccezionalmente racchiusi nello spazio dello 0,5%. Quindi, è proprio dalla fase di preparazione che bisogna iniziare le valutazioni.

FASE 1ª                                               FASE 2ª

Come indicato dal diagramma della Fase 1ª, sono soltanto le tre migliori macchine ad essere distanziate tra loro di poco più di un decimo di secondo, nella valutazione che preme di più, ovvero al cospetto delle velocità da Speed-trap, con la Ferrari meglio performante della Rbr. Delle altre vetture spinte dal motore di Brixworth, qui è fuori campo la baldanzosa Williams e sono staccate McLaren e F.India, con velocità evidentemente raggiunte in seguito a inadeguati alleggerimenti aerodinamici. E bisogna precisare che, essendo il circuito di Singapore uno dei più scriteriati, come Francorchamps, i valori da Speed-trap non sono quelli massimi in assoluto, come si potrà osservare nel disegno più avanti riprodotto, ma sono accolti per questa importante valutazione semplicemente perché il servizio di cronometraggio non fornisce altri dati per le prove FP1 e FP2. Poi, nel passaggio alle graduatorie da qualifica (Fase 2ª), è facile ravvisare una evidente iniezione di potenza (pressione di sovralimentazione, incurante, si sospetta, del debimetro), nell’incremento di velocità della Mercedes d’Inghilterra, così in grado di procurarsi un certo margine nel tempo sul giro. Tra Ferrari e Rbr, entrambe ai limiti di potenza e di flussometro, ma entrambe sostenute da maggiori sforzi di trazione, è la seconda a prevalere, proprio per piccole differenze nella scelta dei rapporti di trasmissione accorciati. Il rientro nei ranghi della Williams è avvenuto a suon di più alte velocità, che (ogni sospetto è legittimo) possono ottenersi con il minor carico aerodinamico e con aiuti di potenza, nella più assoluta mancanza di trasparenza per i vincoli da debimetro. La più corretta posizione della McLaren, tra i motori “Merce-debimetrati”, è scandita dalla più ridotta prestazione sul giro. Tutto rapidamente percepibile con un semplice sguardo a questi grafici basilari, senza nemmeno leggere i valori in ordinate e in ascisse.

Percentuali compattate

Come preannunciato, i distacchi percentuali si son fatti decisamente più compatti del solito, per le caratteristiche di tracciato, con maggiore pressione sulle British-Mercedes e con il successo conclusivo della motricità della Rbr, più accentuata rispetto all’analoga impostazione della Ferrari.

Queste percentuali, poi, ridanno ossigeno alla contesa sull’intero arco stagionale, almeno nelle entità, se non con la possibilità della Ferrari di tornare in vantaggio sulla Rbr, per ragioni prevalentemente motoristiche e aerodinamiche, mentre l’egemonia-Mercedes ormai non è più contenibile o controllabile, in mancanza di trasparenza sui consumi di carburante.

E, naturalmente, in presenza di questi valori, non bastano più i riferimenti alle velocità da Speed-trap, che, come si nota subito dalla pianta del circuito, sono rilevate alla fine del rettifilo di partenza, 150 metri prima della Curva 1, pur sempre con l’uso del DRS, ma dopo una accelerazione incompleta.

Per conoscere le velocità di punta, bisogna rivolgersi ai rilievi in S1, alla fine del primo dei tre settori della pista, dove si giunge nuovamente con il DRS, attivato in uscita dalla Curva 5, nell’allungo più notevole, spezzato dalla veloce Curva 6. Questi sono i valori, relativi unicamente alle qualificazioni, mancando nelle altre prove e non essendo accolti nel corso della gara, per le note alterazioni, dovute alle scie. E non si capisce come la Fia-Tv omologhi delle piste così mal configurate, nel totale disprezzo delle esigenze di valutazione delle prestazioni, su tutta la durata dell’evento.

Velocità e deportanze sotto la lente

Così, dopo l’esame della Fase 1ª e della Fase 2ª, questo diviene il diagramma più importante, rivelatore del comportamento delle quattro macchine più significative in corsa. Il piglio veloce, con minori coefficienti di deportanza e di resistenza della Williams, ma con motore molto potente, forse troppo, per i limiti di consumo, si manifesta, a fine Settore 1, quasi come nella Fase 2ª, per perdere slancio nel 2° Settore, medio-veloce, e per pareggiare i termini della stessa Mercedes in S3, quale settore meno rapido, con equivalenza di potenza in utilizzo. Molto razionale appare la scelta dei rapporti di trasmissione - i più corti del gran premio - operata dalla Rbr, per la sua strepitosa motricità, dovuta agli sforzi di trazione. Al contrario, del tutto errati, in questa ottica, i rapporti di trasmissione della Ferrari, che tende al veloce nei tratti più redditizi per la motricità. Qui sono racchiuse le cause delle prestazioni da gara, che rappresentano quasi una sconfitta, date le premesse e la memoria del non lontano G. P. d’Ungheria. Evidentemente, i tecnici di Maranello, con lo stesso James Allison già seguace della scuola-Newey, al tempo della Finta-Lotus, non hanno potuto completare la configurazione dettata da Adrian Newey, per insufficienti deportanze in quei settori, progressivamente più lenti.
È spiacevole, ma doveroso, criticare e ribattere il “neo-team-principal” del Cavallino, Mattiacci, per aver dichiarato che: “Il ritmo era buono e con la strategia Fernando era riuscito a guadagnare il secondo posto”. Indipendentemente dalla sfuriata iniziale, con errore e taglio di curva, la posizione “guadagnata”, anche solo nel senso di “raggiunta”, era la terza. Poi, peggiorata - quarta posizione - dal primo pit-stop e dal sorpasso di Ricciardo. La pubblicazione della prima pagina del contagiri ufficiale (servizio-cronometraggio) chiarisce i passaggi, pur con la difficoltà di lettura dei piccoli caratteri. Il secondo posto è giunto al 27° giro, con la sosta di Hamilton e di Ricciardo: un “regalo”, non un “guadagno”. La scivolata in quarta posizione è stata provocata dal pit-stop del “ferrarista” in regime di Safety-Car, che certamente ha avuto riflessi negativi. Sicuramente, il grande stratega di Maranello, capace anche di far eliminare macchine in Q2, avrebbe aperto grandi prospettive con il primo cambio-gomme da assegnare, un giro prima, ad Alonso (posizione più avanzata) anziché a Raikkonen. Questa è stata la meccanica negativa, come inequivocabilmente sancito da questa pagina di Lap Chart.

Per uniformità di confronto con le altre piste, in maggioranza tendenti alle velocità di punta a cavallo dei 320 km/h, è preferibile eseguire il calcolo delle massime deportanze nel punto S1, sempre con DRS attivato, trattandosi di un convenzionale riferimento: poi, definiti i coefficienti di deportanza e tracciate le curve, è risaputo come da quelle quote si usa scendere a tutte le velocità inferiori, nell’approssimazione di calcolo del carico aerodinamico in percorrenza di curva o di settore con più curve.

Le valutazioni avvengono per accoppiamento di macchine, nelle configurazioni parallele, per velocità e motricità; nel primo caso, con le più alte velocità di Williams e Mercedes (maggiori deportanze per la seconda monoposto) e nel secondo caso, tra Rbr e Ferrari, con i migliori coefficienti della prima, pur risultando limitate le differenze velocistiche.

Sforzi di trazione determinanti

Nell’approssimazione da calcolo, la motricità di Singapore è rappresentata dagli sforzi di trazione, tracciati in questo diagramma per le due macchine al centro di ogni valutazione, Ferrari e Mercedes. Le configurazioni aerodinamiche sono quelle da qualifica, pochissimo variate in assetto da gara, e le velocità, sempre in Q3, sono le massime in assoluto, registrate al termine del Settore 1, sempre con DRS, pur non considerate da Speed-trap. Spiccano, com’è logico attendersi, le elevate forze di trazione Fa della British-Mercedes ai più alti regimi di rotazione del motore, per la nota superiorità di potenza, dovuta alla sovralimentazione più efficace dell’anno, apparentemente incurante dei vincoli di consumo-benzina. Ma ecco come le minori potenze di punta del V-6 Ferrari hanno permesso, specie nelle marce alte, di far accostare i propri sforzi di trazione a quelli dovuti al propulsore anglo-tedesco, sempre ai bassi e medi regimi di rotazione, in seguito al più ristretto range di velocità. E siccome la Rbr, antesignana degli accorciamenti di rapporto, ha ottenuto prestazioni ancor più eccelse, a parità circa di potenza, con velocità ulteriormente ridotte, è possibile anche concludere che gli ingegneri di Maranello avrebbero potuto osare di più, deportanze permettendo. Dopo tutto, le forze resistenti Fr sono abbastanza prossime a quelle della Mercedes d'Inghilterra. Sono indicate le forze di trazione fino in ottava marcia, anche se qualche ingegnere si diverte a dichiarare di non usare mai tale rapporto. Nel caso specifico di Singapore, tuttavia, con la viva preghiera a quegli ingegneri di non fare gli spiritosi, ci sono state le riprese televisive, con telecamera di bordo, che hanno mostrato il generale, seppur brevissimo, utilizzo della marcia più alta concessa dal regolamento.

La fiducia nei consumi indicati

Per la seconda volta, dopo Monza, la FOM si è degnata di fornire qualche dato sui consumi di carburante, con un unico rilievo al 30° dei 61 giri, lungo cinque punti successivi del circuito. E il diagramma mostra la quantità di benzina (espressa in chilogrammi) consumata fino a quei momenti. Il consumo più basso dichiarato è quello della Mercedes del vincitore, a cui si avvicina soltanto la Williams di Massa, con il migliore tra i motori-clienti Merce-debimetrati; lo stesso Bottas, con la seconda Williams (non aggiunto nel grafico, per non peggiorare la lettura), avrebbe ottenuto un andamento sempre peggiore di circa mezzo chilo. Il divario dalle altre motorizzazioni è sensibile, da circa un chilo e mezzo a poco più di 3 kg. Come spiegare il salto Williams-McLaren, a parità di propulsore? Primo, con la scelta, neppure troppo recondita, del grande manipolatore di favorire le macchine di Sir Frank. Secondo, con la considerazione che non si possono dare troppe indicazioni tecniche a un costruttore che tra pochi mesi sarà motorizzato Honda. Quindi, si può assumere una certa equivalenza di risultati tra i V-6 Ferrari e Renault (Rbr), nel primo caso con Raikkonen meglio di Alonso e nel secondo con Ricciardo (evitato nel diagramma) di un soffio meno economo di Vettel. Sicuramente, lo stile e la tecnica di guida hanno la loro influenza, ma in termini ultra-contenuti, trattandosi sempre di autentici campioni. Questo, tuttavia, è il prezzo da pagare per aver trasformato la Formula 1 in Economy-Run-GP, mentre sussiste una precisa scelta del guidatore votato al risparmio. Lo stesso Massa, ad esempio ha dichiarato di aver guidato come sua nonna. Ricordo una espressione analoga di un campione del mondo del passato (Phil Hill, nel 1961), quando una volta mi disse: “Ho guidato come la mia vecchia zia, per risparmiare benzina”. Infine, la proiezione di questi dati sulla distanza totale del G. P. di Singapore permette di fare un bilancio significativo. Anzitutto calcolando il valore medio di questi consumi, che, collocandosi alla metà del 30° giro, può assumersi esattamente come metà percorso.

 

Concorrente

Consumo medio al 30° giro (kg)

Consumo
totale su 61
giri (kg)

Risparmio
sul peso totale
di 100 kg

Risparmio
medio
in kg al giro

Hamilton/Mercedes

45,00

90,00

10,00

0,16

Massa/Williams

45,55

91,10

8,90

0,15

Raikkonen/Ferrari

47,24

94,48

5,52

0,09

Button/McLaren

47,69

95,39

4,61

0,08

Vettel/Rbr

48,23

96,45

3,55

0,06

Alonso/Ferrari

48,68

97,36

2,64

0,04

 

Oltre alla determinazione del valore totale del carburante consumato, se ne aggiunge la differenza dai 100 kg imposti dal regolamento e il risparmio medio al giro. E siccome i concorrenti imbarcano meno di 100 kg, non appena il preciso calcolo della portata in massa della benzina lascia dei margini, se ne può calcolare il miglioramento del tempo sul giro dovuto all’alleggerimento relativo.

Con una ipotesi di consumo totale, ovvero ammettendo lo stesso ritmo di gara dopo il punto di rilievo, ci si può spingere anche a un confronto con il G. P. d’Italia, che, notoriamente, richiede i massimi dispendi della stagione. Notevole è il risultato della British-Mercedes, imitato soltanto dalla Williams, a pari motorizzazione, con forte divario per la McLaren, pure nella similitudine motoristica, mentre tra Ferrari e Rbr, se si sceglie la performance di Raikkonen, migliore di quella di Alonso, si deve apprezzare un bilancio più lusinghiero per Maranello. Dinanzi a tutti questi valori della FOM, nondimeno, sono legittime alcune riserve “debimetriche”, in base ai vari calcoli, a partire dalle prestazioni in prova fino a quelle conclusive in gara.

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GRAN PREMIO D'AUSTRIA 2014

Tutto all'insegna della potenza

Il tema dominante del G. P. d’Austria, ancora sorretto dai motori, per questo tipo di tracciato, è stato quello della velocità di punta delle principali macchine a confronto, come retaggio della pista con il vecchio appellativo di Zeltweg (oggi Spielberg), con carico aerodinamico relativamente basso, ma con forti alterazioni dovute all’altitudine di circa 700 metri. Inoltre, a questo tema si sono nuovamente aggiunti, specie per la Ferrari, particolari legami con la gommatura “Soft/Super-Soft”, come in Canada, nonostante lo “stress”. Proprio perché “Velocità è Potenza”, specie in questa, che è la più incongruente Formula 1 della storia, dove tecnici e piloti parlano soltanto di “mancanza di velocità”, perché si vergognano a denunciare una minor potenza dei loro motori, nell’assurdità di un Regolamento Tecnico che consente i 15.000 giri, ma che poi non ne permette il conseguimento, a mezzo di debimetro o regolatore di flusso della benzina, che non è il termine principale della formula, basata sui 100 kg di carburante alla partenza, ma che limita la libertà nella competizione.

Dove sono i 15.000 giri?

Ecco, allora, in questo diagramma, una tipica registrazione telemetrica di una vettura di vertice in rettifilo: alle marce basse, si superano appena i 12.000 giri; già in sesta velocità si è decisamente sotto tale regime e al “top” della settima e dell’ottava marcia non si va troppo oltre gli 11.000 giri. Come dire che il punto di massima potenza di questi motori non è mai superiore a 11.500 giri. È sì una Formula 1 incongruente, ma anche “…per certi versi patetica”, come mi scrive l’Ing. Gabriele Cadringher, che è stato responsabile tecnico della Fia e che attualmente vive in Florida, con importanti mansioni.

Mercedes-Ferrari in velocità

Quindi, per il confronto principe, fra Mercedes e Ferrari, sul piano delle massime velocità, questo diagramma, secondo l’ordine cronologico delle prove mondiali, con l’esclusione del G. P. di Monaco (troppo lento e anomalo per questa rappresentazione), indica chiaramente, per il gran premio austriaco, una riduzione del divario tra la macchina anglo-tedesca e quella italiana, al procedere dell’evoluzione, nel corso della stagione. Più tecnico, però, è il diagramma successivo, che considera le velocità di punta in funzione della media sul giro di ogni tracciato. Del resto, il rapporto Vmax-Vmed è un indice classico nella dinamica del veicolo. In modo più corretto, la regressione quadratica dei valori, con un massimo in prossimità dei 200 km/h di media, decreta la minore influenza della potenza alle due estremità dei G. P. di Monaco e d’Austria. E tanto più evidente appare l’avvicinamento di Maranello alle capacità velocistiche della macchina anglo-tedesca.

Sfortunatamente, però, come si esaminerà più avanti, si è avuta l’intromissione velocistica di altre macchine, guarda caso, tutte con motore Mercedes, con una massiccia forma di protezione della vettura titolare, in testa al mondiale, e di distanziamento della contendente numero uno, appunto la Ferrari, che ha messo in luce indiscussi progressi di motore, davvero stridenti con le difficoltà d’autotelaio incontrate, specialmente con la vettura di Raikkonen, diversamente e peggiormente regolata, dopo l’insuccesso in qualifica. Proprio non si comprende questa scarsità di resa degli ingegneri cosiddetti “veicolisti”, nel momento di ascesa delle potenze, e non si tollerano le incapacità di adeguamento degli assetti in funzione dello stile di guida dei diversi piloti. In una competizione tutta giocata sulle posizioni in griglia, sono spiacevoli le perdite di smalto proprio nella configurazione per la conquista delle più alte prestazioni sul giro singolo di pista.

Percentuali in riduzione

Per procedere con i tempi sul giro in qualifica (gomme “Super-Soft”) e con la loro presentazione in termini percentuali (valore 100 al tempo della “pole-position”), si osserva che gli eccessivi distanziamenti d’inizio stagione sono finiti. Dopo un primo, moderato compattamento nel G. P. del Canada, nella prova austriaca si è tornati a intervalli di poco superiori all’1%. Ma con due anomalie vistose: la prima è stata quella della citata conquista velocistica della Williams, addirittura superiore a quella della stessa Mercedes d’Inghilterra, a parità di motore, a briglie sciolte con la pressione di sovralimentazione; la seconda è stata quella dei troppi tempi migliori in Q2 che non in Q3, come indiscusso segno di impreparazione e di pessima gestione-pneumatici. Con la sola eccezione per il risultato di Hamilton (tempo cancellato in Q3), che pone l’accento sulla intollerabile (esempio tipico anche in Brasile) delimitazione della pista a mezzo di una semplice striscia bianca, tipo “gimkana” e non da Formula 1, e che accusa una Fia-Tv frettolosa e sbrigativa nella riomologazione di una pista riproposta dopo undici anni. Tecnicamente, poi, non è più accettabile la mancanza di trasparenza in tema di flussometro, con troppi sospetti di limiti regolamentari superati, senza alcuna penalità.

Il passaggio, infine, a uno sguardo più globale, in questo diagramma, mostra la prima “defaillance” della British-Mercedes in qualifica, dopo sette “pole-position” consecutive, quasi in parallelo con una passata stagione favorita dal gommista. Chiaramente, si è trattato di una scelta strategica, per tenere a bada la concorrenza, con il lancio motoristico di una Williams che, una volta in gara, non poteva conservare gli stessi ritmi. Riguardo agli avversari reali, ovvero con diversa motorizzazione, anche da questa valutazione emerge il piccolo passo avanti compiuto dalla Ferrari, che ha consolidato la sua prevalenza sulla Rbr, sempre “leader” su un fronte Renault che in gara è stato duramente colpito in termini di affidabilità.

Velocità e potenze massime

Questa è la graduatoria delle velocità da “speed-trap” in qualifica, che va correttamente soppesata, per l’effetto-densità dell’aria e per la scelta strategica della British-Mercedes, che ha preferito evitare di spingere al massimo i recuperi di potenza a mezzo turbo (affidabilità in primo luogo) e ha dato via libera a Williams e F.India, evitando rischi o azzardi con il debimetro. Il Regolamento Tecnico, del resto, impone un flusso di carburante pari a 100 kg/h al disopra dei 10.500 giri e secondo una nota formula al disotto di tale regime, ma non fa distinzioni tra prove e gara. Che siano tollerati esuberi in qualifica resta un semplice sospetto, pur sulla base di inoppugnabili indizi. Nel raffronto Mercedes-Ferrari è stato ribadito l’ultimo progresso del Cavallino, con l’accostamento evidenziato. L’occasione, tuttavia, sarebbe stata propizia a un altro piccolo sforzo aggiuntivo con la sovralimentazione, per raggiungere la parità, se non un possibilissimo superamento. All’inverso, il crollo di competitività e di affidabilità dei motori Renault si è tradotto in una eccessiva perdita di velocità, in direzioni diversificate per Rbr e Str. Né la decantata scuola della squadra campione del mondo, che tanto ha privilegiato negli anni scorsi gli sforzi di trazione, con rapporti di trasmissione accorciati, può reggere con questa formula, dinanzi a tante risorse con la sovralimentazione e con i due motogeneratori elettrici.

Il calcolo approssimato delle potenze installate e resistenti, trattandosi qui, come già accennato, di una pista ad altitudine media di circa 700 metri, deve avvenire con valori della densità dell’aria corretti per tale altezza, che provengono dai rilievi di Knittelfeld, estesi a temperature e pressioni atmosferiche. In seguito a questa condizione, più accurata, più lunga e provvisoria è la definizione delle configurazioni aerodinamiche e relativi coefficienti: tutto completamente nuovo per questa F.1, senza alcun riferimento precedente. Le perdite di potenza del motore endotermico sono state compensate da sensibili aumenti della pressione di sovralimentazione del turbo, con incrementi del suo regime di rotazione, che normalmente è dell'ordine dei 90.000 giri, ma che, in questo caso, ha raggiunto e superato i 95.000 giri. Del resto, il regime massimo consentito dal regolamento per il motogeneratore MGU-H è di 125.000 giri. Con l’aumentata rotazione del compressore, si sono avuti aumenti di pressione da 1 a 2 bar circa. Il diagramma, con una curva delle potenze resistenti di spessore volutamente grande, per comprendere piccole differenze di prodotto SCx o prodotto fra sezione frontale S e coefficiente adimensionale di forma Cx, propone le curve di potenza dei tre motori in campo in funzione della velocità con il rapporto più alto, con la sovralimentazione indicata e con l’applicazione del motore elettrico MGU-K. Il livello globale della propulsione ibrida della Mercedes britannica è sempre inarrivabile, con il suo formidabile turbocompressore di grande diametro, mentre le perdite finali di potenza, in seguito all’altitudine, non appaiono così “catastrofiche” e sono state ritenute suscettibili di ulteriori incrementi, senza un rigoroso rispetto dell’Articolo 15.1.4 sul debimetro, che blocca ogni scalata. Soddisfacente è apparso il piccolo aumento di potenza massima del V6 Ferrari, con un “gap” dal motore più dotato che sembra ormai colmabile a breve termine. Al contrario, il propulsore Renault ha perso un po’ di smalto, in questo allestimento con correzioni per l’altitudine. Nel caso specifico, è stata considerata la velocità in qualifica della Str e non quella della Rbr, pur se in entrambi i casi si sono avute perdite di affidabilità, per eccesso di sostituzione di parti sancite dal regolamento.

Come cambia la frenata

Chi tutto calcola in Formula 1 si sarà accorto, specie sulle piste con i più lunghi rettifili e le maggiori velocità di punta, che gli spazi di frenata sono mutati dall’anno scorso: in questo diagramma, perciò, sono riportati i risultati telemetrici del 2013 e 2014 di due macchine dello stesso “team”, sulla stessa pista e nello stesso punto di frenata. E subito spicca una velocità d’inizio frenata superiore nel 2014; ma già sappiamo che su tutte le piste le velocità da “speed-trap” di quest’anno sono decisamente più alte, perché più elevate sono le potenze massime, grazie anche a un MGU-K da 163 anziché 81 cavalli. Di conseguenza, è aumentato lo spazio di frenata. Quindi, si aggiunge l’innovazione 2014 del controllo elettronico del freno posteriore, detto “brake-by-wire”, e minore è la velocità in uscita, per i diversi carichi deportanti. In prima approssimazione, la decelerazione media appare uguale, mentre variazioni minime si registrano nei due caratteristici punti d’estremità.

Nel considerare la maggior frenata per la Curva 3, si esegue il calcolo (approssimato) con una velocità iniziale Vo di 327 km/h (valore massimo registrato dal servizio cronometraggio, con DRS, in qualifica), e con una velocità finale Vu stimata a 95 km/h. Con i vari coefficienti in uso quest’anno, lo spazio di frenata Sp risulta pari a 145 metri, in contrasto con i dati ufficiali della Comunicazione-Brembo, in cui è stata erroneamente indicata la Curva 2 (assenza di DRS), per la frenata dalla massima velocità, assegnandovi un valore di soli 304 km/h e uno spazio di frenata di 125 m. Invece, sappiamo che la Fia ha sistemato l’attivazione del DRS sul rettilineo successivo, con la collocazione della “speed-trap” a 270 metri prima della Curva 3. Di conseguenza, è stato in quel settore che le velocità di punta sono state rilevate, in termini ben più alti, appunto di 327,5 km/h, che vanno doverosamente segnalati ai lettori, in contrasto con i 299 km/h comunicati dalla Brembo. In ogni caso, da qui al G. P. d’Italia, dove si raggiungerà il tetto velocistico della stagione e quindi la più sorprendente prestazionalità, sarà importante monitorare questo aspetto cruciale. Ovviamente, confidando in una maggiore precisione del servizio di comunicazione della Brembo, che insiste anche nel dichiarare una teorica decelerazione massima, fino a 5 o a 6 g, che non risulta dalla telemetria, mentre i lettori desidererebbero disporre anzitutto del normale dato di decelerazione media, da inizio a fine frenata, come del resto fanno tutti i tribunali, quando sono coinvolte le decelerazioni, che, nel caso della Formula 1, sono basilari per il calcolo delle superbe prestazioni.

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